Fiorenzo Tomea - Cristo Crocifisso

autore: FIORENZO TOMEA
titolo: Cristo crocifisso
tecnica: affresco
misure: cm. 150 x 100
epoca: intorno al9 - 13 luglio 1956
collocazione: via Mario Beretta
iscrizioni: "Tomea", in basso a destra

 

dipinto di Fiorenzo TomeaL'opera. Il dipinto raffigura la tradizionale immagine sacra del Cristo in croce con il capo reclinato alla sua destra. Ai piedi della croce sono collocati un teschio e un fiore spinoso che, insieme alla povertà del paesaggio e ai colori stridenti, contribuiscono a sottolineare la tragicità del momento.

 

L'artista. Nacque a Zoppé di Cadore (Belluno) nel 1910.
Durante la giovinezza lasciò il paese natio e si dedicò ad umili lavori quali l'ambulante, frequentando contemporaneamente i corsi serali dell'Accademia Cignaroli di Verona. Nel 1928 si trasferì a Milano dove divenne amico di Manzù e Birolli ed entrò a far parte della cerchia di Edoardo Persico. el1934 si trasferì a Parigi con Sassu dove soggiornarono cinque mesi. Nel 1935 i stabilì definitivamente a Milano dove, entrato a far parte del movimento artistico di "Corrente", espose nel marzo del 1939 alla Permanente. Nel1942 gli venne concessa un'intera sala alla Biennale di Venezia. Nel 1945 eseguì due grandi affreschi nella chiesa di Marzio (Varese) raffiguranti la "Resurrezione di Lazzaro" e "San Pietro che fa l'elemosina". Nella seconda metà degli anni Quaranta la pittura di Tomea si schiarì e fu caratterizzata dalla scelta di soggetti quali montagne e nature morte. Partecipò inoltre nel 1952 alla XXVI Biennale di Venezia e nel 1954 alla XXVII edizione. Numerosi furono i premi che conseguì nel corso della sua carriera.
Morì a Milano nel 1960.

 

Notizie storico-critiche. Tra gli anni Quaranta e Cinquanta l'artista affrontò spesso il tema della morte visualizzato sia mediante maschere grottesche sia rappresentando il Cristo in croce. Le meditazioni inerenti tale tema non furono mai espresse in maniera drammatica o angosciante, ma con la puntuale convinzione che l'evento in questione fosse parte integrante dell'esistenza e della quotidianità della vita.
Obiettivo dell'artista non era il voler sottolineare la dolorosità e la transitorietà di tale evento, ma proporre una riflessione sulla presenza della morte come punto di congiunzione, insieme alla nascita, di quel cerchio che compone il percorso della vita. Per una rappresentazione visiva di queste concezioni, Tomea scelse un linguaggio estremamente semplice, immediato ed estraneo ad eccessivi intellettualismi. Il lessico formale adottato dall'artista scaturì da una serie di contatti e confronti avuti a cavallo degli anni Venti-Trenta con intellettuali quali Edoardo Persico e artisti come Tullio Garbar; e Renato Birolli. Il "Crocifisso" di Arcumeggia può essere considerato la sintesi del primitivismo religioso di Garbari, a cui si aggiunge l'uso di un colore acceso secondo quelle che erano le sperimentazioni che Birolli e Manzù avevano proposto per coinvolgere emotivamente lo spettatore. A proposito del confronto tra le personalità di Tomea e Garbari è importante sottolineare che Persico incontrò Tomea poco dopo il decesso di Garbari avvenuto nel 1931 e da quel momento tra i due nacque una grande stima tanto che Persico era solito sostenere che nei confronti dei disegni e della pittura di Tomea provava emozioni simili a quelle suscitategli dalle opere di Garbari.
Sempre per quanto riguarda il Cristo Crocifisso di Arcumeggia è riscontrabile un certo legame con un paio di soggetti analoghi eseguiti nello stesso periodo, ovvero a pochi anni di distanza dalla sua scomparsa avvenuta nel 1960. Il confronto più schiacciante può essere compiuto con il "Cristo crocifisso", olio su tela (cm. 235 x144), conservato presso la chiesa di San Francesco d'Assisi al Fopponino in Milano, cui fu donato dalla famiglia Ghidoli nel 1961 (vedi foto 128, p. 151). Anche in questo caso Tomea predilesse una soluzione del tema estremamente semplificata e ristretta alla ala immagine del Cristo in croce. Quest'ultimo presenta un'impostazione pressoché identica a quella di Arcumeggia: l'inclinazione del capo, il corpo scarno, fa disposizione delle traccia, il cartiglio con la scritta I RI appeso mediante una cordicella ad un chiodo e la forma arcuata del legno orizzontale della croce. Immancabile la presenza allusiva del teschio che emerge su di un terreno altrettanto scabro o e diviso dal cielo mediante una linea d'orizzonte ben marcata da cui si erge una piccola catena montuosa. La medesima immobilità della figura, il cielo, fa sensazione di solitudine del Cristo e gli altri elementi precedentemente rilevati ricorrono puntualmente anche nel mosaico rappresentante la "Crocifissione" nella chiesa di Santa Barbara a Metanopoli, località a sud di Milano. Di quest'ultima opera eseguì numerosi bozzetti che, pur partendo da soluzioni più complesse e articolate, lo condussero alla scelta, tutto sommato analoga al "Cristo crocifisso" di Arcumeggia, di un'accentuata essenzialità.
Nell'angolo sinistro del dipinto di Arcumeggia, in basso, Tomea dipinse un fiore spinoso che proietta la sua ombra sul terreno marrone quasi fa se lì a simboleggiare la Passione di Cristo.

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Fiorenzo Tomea - Cristo Crocifisso

 

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